Ci sono film interessanti, appassionanti, divertenti e altri che semplicemente ti ricordano cosa sia il cinema: cosa significa modellare il racconto attraverso la regia e il ruolo della luce; oppure quanto parziali, personali e per ciò stesso fondamentali siano il ritmo e le scelte di montaggio.
Il cinema è un modo di raccontare la vita e insieme il luogo per il quale questo tipo di racconto è nato e basterebbe questo per convincerci a uscire di casa. Se non basta, possiamo aggiungere che qualsiasi sguardo su una storia ne cambia la traiettoria e il senso e che le chiacchierate e i pensieri pre- e post-film non sono un optional ma parte integrante di un’esperienza capace anche di trasformarci. A Milano c’è un posto dove un gruppo di appassionati, professionisti a vario titolo nel mondo dell’audiovisivo, hanno deciso di fare quella che loro stessi definiscono una operazione nostalgia 2.0: ricreare le atmosfere dei cinema monosala che punteggiavano le nostre città, sfruttando però tutte le potenzialità del web, dal crowdfunding alla comunicazione.
Si chiama Il Cinemino, ha una sala da 75 posti, un piccolo bar bellissimo e accogliente, una programmazione differenziata dal pomeriggio alla sera e una selezione di titoli che vanno dal cinema d’essai alle pellicole indipendenti contemporanee, con un calendario molto ricco di incontri con registi, attori e professionisti. Dell’origine e del futuro di questo nuovo spazio milanese abbiamo parlato con Agata De Laurentiis, fra i nove soci fondatori.
Un paio di appuntamenti da non perdere nel vostro calendario di marzo, giusto per dare un’idea. Domenica 18 marzo Luca Bigazzi e Ivan Cotroneo incontrano il pubblico. Il 20 abbiamo un bell’incontro con Massimo Beltrami che racconta le montagne su grande schermo, quindi il documentario dedicato a Gualtiero Marchesi, l’inizio di una rassegna sui poliziotteschi anni ’70 e i grandi documentari sull’arte.
Il Cinemino: più operazione nostalgia o sperimentazione? Un po’ tutte e due le cose! Nostalgia perché il sapore del luogo è vintage: le pareti sono ispirate alle palettes di colori di registi come Stanley Kubrick e David Lynch. C’è però anche tanta sperimentazione sia nella scelta dei film che nelle attività proposte. Diciamo che siamo nell’area della nostalgia 2.0!
La rete, croce e delizia: da una parte lo streaming, dall’altra il crowdfunding. Come vedete la relazione con il web? Ottima! Lo streaming non è un nemico, è una cosa diversa: si tratta di fruizione (spesso neanche tanto buona) solitaria e senza condivisione. Al Cinemino la cosa più importante è condividere, incontrare persone, fermarsi a parlare di quello che si è visto o si vedrà, incontrare registi e attori e sedersi con loro al bar.
Come vengono scelti i film da programmare? C’è uno spettatore tipo al quale vi ispirate? Diciamo che noi abbiamo le nostre idee di cinema indipendente, maltrattato, meritevole e scomparso. Ci piace però anche ascoltare i consigli del nostro pubblico che cambia moltissimo a seconda delle fasce orarie: anziani e bambini nel pomeriggio e nel weekend, studenti e appassionati alla sera.
Ci sono 9 anime e 9 soci dentro ‘Il Cinemino’. C’è un minimo comune denominatore di provenienza o formazione, al di là della passione per il cinema? Se doveste scegliere un film che vi rappresenta, quale potrebbe essere? Siamo tutti operanti nel settore dell’intrattenimento ma tutti con formazioni molto diverse. A tenerci insieme è una visione precisa e condivisa di quello che è per noi il cinema: un’esperienza e un grande amore. La cosa bella di avere nove teste è che ognuna attiva link, collegamenti e conoscenze diverse che sono la nostra forza. Però trovare un film che ci metta d’accordo tutti è molto difficile, anzi impossibile. Anche se Godard…
Un po’ cinema di quartiere, un po’ hub internazionale: cosa è per voi la prossimità? La prossimità è il contatto con chi si ha davanti, il confronto continuo e la relazione con chi e cosa ci sta di fianco. Diciamo che è un nostro valore imprescindibile sul quale vogliamo lavorare in maniera continuativa.