Dopo le varie maratone lavorative con tanto di presentazioni delle nuove collezioni al press day e nel bel mezzo del tourbillon della design week milanese non c’è che una serata all’Upcycle Cafe con Omar Di Felice per ristabilire l’ordine delle cose. Sì perché l’ultracyclist romano, che solo a mettere insieme le due parole che lo descrivono se ne percepisce tutta la straordinarietà, non è certo uno che di fronte al “tanto da fare” si tira indietro.
Anzi. La sua più grande gioia sembra essere la corsa solitaria nelle nevi, quando clima e condizioni della strada dovrebbero accompagnare il ciclista ad una più sobria sessione d’allenamento sui rulli. Lui no, lui predilige il vento freddo che inibisce gli alveoli e che blocca i muscoli. Lui ama pedalare notte e giorno senza soste, sconfiggendo la tentazione del sonno e archiviando il concetto dei pasti in un remotissimo angolo della sua coscienza, quasi come fosse altro da sè.
Di Omar avevo già parlato in questa rubrica, a inizio inverno, dopo un bellissimo incontro organizzato da Equilibrio Urbano. Chissà cosa ci racconterà oggi? Qualche nuova ultra-sfida? Senz’altro. Ed è con questa prima certezza che mi proietto verso l’incontro di questa sera di cui questo avvio di articolo vuole essere introduzione. Introduzione che tuttavia vorrebbe concentrarsi su ben altra certezza. Ovvero che questo articolo sì, parlerà di Omar Di Felice ma… vorrà soprattutto concentrarsi su un’amica che dell’ultracycling sta facendone il suo sogno personale.
“Ciao Laura come va?” Irrompe così, via telefono, nella confusa giornata in ufficio, la voce squillante di Sarah Cinquini. Mi invita alla serata all’Upcycle, che mi era sfuggita in pieno. Una bellissima sorpresa! E sorpresa sarà anche per Sarah quando leggerà questo articolo e scoprirà che il protagonista è lei e non Omar. Sì perché è davvero da tempo che vorrei indagare di più sulla passione di Sarah. In principio era un nome con associati dei bellissimi numeri su Strava. Oggi che la conosco di persona posso dire che sono poche e rare le cicliste che nutrono per questa attività una passione così viscerale. Sarah dice che la bicicletta è il suo psicologo. La cosa in un certo senso vale anche per me e per tutti, però nel suo caso si coglie proprio una correlazione molto forte tra il suo benessere interiore, maturato dopo una pletora di figli e di impegni molto adulti, affrontati dai vent’anni in su, e l’esigenza di correre. Possibilmente in una misura vicino all’infinito. Proprio come Omar, proprio come nel campo surreale dell’ultracycling.
“Ho deciso di smettere con tutte queste tabelle, sono proprio stufa…” Inizia così, con un potente scoop, la serata con Sarah all’Upcycle Cafè. Come stufa… stufa della bicicletta? Scopro così che anche la ciclista tra le più appassionate e determinate che io conosca può avere dei ripensamenti. Ma è tutto meno grave di ciò che Sarah si è divertita lì per lì a buttare sul tavolo, con grande effetto. La mia faccia sconcertata deve averla ravveduta. E quindi? Quindi bisogna solo fare chiarezza interiore. “Cosa voglio io dalla bicicletta? Divertirmi, pedalare con il sorriso… questa cosa incominciava a mancarmi dopo tutte quelle ripetute sulla stessa salita. Ma che gusto c’è a lavorare così? E soprattutto per cosa? Voglio ritornare a correre per andare poi a mangiarmi il gelato e la torta!“. Ma esatto! Ecco il giusto spirito! Del resto poi, durante la chiacchierata di Omar Di Felice, reduce da due avventure invernali, Islanda in solitaria e il maestoso Canada a -30 gradi, si scopre che forse anche lui corre con quei climi proibitivi solo per il gusto di potersi pappare in santa pace una bella fetta di pane spalmata del grassissimo burro di arachidi. Da quelle parti visto che una pedalata in quelle condizioni ti costa più di 1000 calorie all’ora, o ti bombardi di dolci o diventi il bambolotto degli orsi in letargo.
Quindi, Sarah, visto che è il duro allenamento che ti eri auto-imposta ad averti stancata, ma non certo la bicicletta in sé, allora quasi quasi oso sperare che potremo farci qualche uscitina brianzola insieme? “Certo!” Ottimo. Già mi rivedo sul Colle Brianza a spingere in solitaria. O sul Lissolo, con Sarah che mi aspetta dove c’è la statua del gufo in legno che no, non ho mai visto e che mi farà vedere lei.
Ma ben presto Sarah scopre le sue vere carte e non è quindi la prospettiva più umana del ciclismo domenicale ad attirarla. Il sogno dell’ultracycling è sempre più acceso e si configurerà nella sua prima 24h no-stop su strada in ambiente montano il prossimo 16/17 giugno, nello splendore delle Dolomiti. Non poteva che essere così! Quindi qual è il suo più grande dubbio? Quando dormire. “Ma secondo te, Laura, devo dormire?” Ingenuamente mi figuro che la domanda riguardi il “prima” e non il “durante” la gara. Invece no, in queste interminabili sessioni denominate appunto no-stop, Omar Di Felice spiega che da quando agganci la scarpa al pedale fino all’arrivo il tempo è tutto tuo. Che tu pedali ininterrottamente per 700 km oppure che tu ti faccia una bella dormita o mangiata al ristorante dipende solo dalla tua scelta. In un caso come quello, con tutti quei km, sembra che la competizione tenda a “obbligare” gli ultracyclist a non fermarsi per più di un’ora, un’ora e mezza. Oddìo pare una tortura! L’immagine che mi sovviene è quella di Alex nell’Arancia Meccanica, con tutti quegli spilli a tenergli aperti gli occhi sulle orrende scene dei suoi delitti.
Ma per Sarah non è così. Quando pensa alla sua futura 24h gli occhi le brillano di quella tipica luce di chi sta già proiettando la massima felicità. Ma una bella e lunghissima randonnée no? No-no… per Sarah e Omar non c’è che una gioia. Quella dell’avventura incredibile, dove la competizione è soprattutto con se stessi. È l’idea di un giro di pedale dopo l’altro, che annulla tutto il resto. O meglio, lo fa vedere dalla prospettiva distante. E allora la vita stessa diventa naturale movimento, senza traumi, dolce come una strada bianca di ghiaccio dove il freno, anche se è a disco, non va assolutamente toccato per lasciarsi così andare, senza opporre alcuna resistenza, a dove ti portano gambe, cuore e polmoni. “Per frenare e morire – aggiunge Roberto Peia di Upcycle – c’è sempre tempo. Così amano dire i riders!“. Ok… ma questa è un’altra storia!
In conclusione io con quale massima profonda posso congedarmi dalla serata? Torniamo sulla terra: ho mangiato e bevuto bene, ho ascoltato e parlato di bicicletta e infine scoperto la nuova Sarah che oggi ha capito bene cosa vuole.
Di ritorno a casa in macchina mi sintonizzo sul canale della musica classica e… alle prime note (da quando c’è Shazam indovinare i pezzi all’ascolto è ancora più divertente) riconosco le appassionate walchirie in attesa di un incazzatissimo Wotan, in cerca di Brunilde, la figlia ribelle. Che sia un segno favorevole a Sarah? Oh sì! La sua 24h è proprio la ribellione, la fuga dagli schemi e dalle tabelle, per una nuova visione di ciclismo che avrà solo un obbligo, quello di divertirla. Sarah Cinquini: da seguire le sue avventure in diretta su Strava. Daje Sarah!
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