Un tuffo nel passato per parlare al presente. La nuova collezione di Richmond riprende l’iconico DNA punk-rock degli anni ’80 e ’90, rielaborandolo con nuovi volumi, tocchi fluo e richiami musicali forti. In questa intervista esclusiva rilasciata a Fashion Times, Marano Mena CEO del Arav Group racconta il ritorno del denim “Rich”, il progetto di customizzazione Make it Rich, l’importanza della musica nella visione creativa di John Richmond e una lucida riflessione sullo stato attuale del mercato moda. Tra nostalgia, innovazione e identità, Richmond si riconferma oggi più attuale che mai.
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Intervista a Marano Mena CEO del Arav Group
Qual è stata l’ispirazione principale per la nuova collezione Richmond? Cosa volete comunicare? L’ispirazione nasce dal desiderio di riportare in vita il DNA originale del brand: gli anni ’80, il punk rock, la pelle, ma reinterpretati in chiave contemporanea. Abbiamo voluto rendere fortemente riconoscibile il marchio, partendo dai pezzi iconici che hanno fatto la storia di Richmond, arricchiti da un tocco di colore inaspettato. Ad esempio, abbiamo inserito un’interpretazione rock del pigiama, oggi molto in tendenza, con stampe iconiche firmate John. La pelle e il denim tornano protagonisti, ma con nuovi tagli e proporzioni. Non manca neanche il ritorno alle spille da balia, simbolo forte e ribelle del brand. E per la prima volta John si apre davvero al colore: oltre al classico bianco, nero e grigio, troviamo accenti fluo e stampe vivaci. È un mix che racconta il passato, ma parla chiaramente al presente.
Negli anni 2000 il jeans “Rich” a vita bassa è stato un vero simbolo. State pensando a un capo che possa avere lo stesso impatto oggi?Sì, stiamo lavorando proprio sul ritorno del concetto di “Rich”, ma reinterpretato in chiave moderna. Nuove forme, nuove vestibilità, nuovi utilizzi. Il rich di oggi non è una semplice replica del passato, ma un aggiornamento che dialoga con le esigenze attuali. E c’è un progetto che ci sta molto a cuore: Make it Rich, una speciale iniziativa di customizzazione che abbiamo già lanciato alla scorsa edizione, dove chiunque poteva portare il proprio jeans e farlo personalizzare da artisti e designer. È stato un successo, soprattutto tra i più giovani. Richmond oggi è forse più attuale che mai: vediamo ragazzi che si vestono come 20 anni fa, ma con un nuovo spirito. Questo ci spinge a riscoprire il nostro archivio e trasformarlo in qualcosa di vivo e moderno.
C’è quindi un forte legame con il passato, ma anche con la musica e i giovani. Quanto è importante questo aspetto per voi? È fondamentale. La musica è sempre stata una parte essenziale del mondo di John Richmond. Tutto è iniziato in una famosa discoteca di Manchester, la Fabbrica, dove sono passati i più grandi talenti musicali. John è cresciuto in quell’ambiente, ed è lì che ha costruito il suo immaginario creativo. Oggi vogliamo riportare quella connessione: il passato musicale come punto di partenza per parlare ai giovani artisti e alle nuove generazioni. La collezione è pensata proprio per loro: per le rockstar del presente e del futuro. L’energia di Richmond viene da lì, da quella forza di rottura e di identità che nasce dalla musica.
Qual è il vostro riscontro attuale sul mercato? Come interpretate il momento storico della moda? Credo che il mercato stia attraversando una fase di transizione, più che una crisi vera e propria. Le persone sono stanche di spendere cifre folli per capi che non hanno un reale valore. Non basta più il logo: serve contenuto, qualità, riconoscibilità. Anche i negozianti stanno vivendo un momento difficile, segnato dal calo di traffico nei punti vendita e da un cambiamento profondo nel comportamento dei consumatori. Il nostro obiettivo è offrire un prodotto giusto, riconoscibile, con un buon rapporto qualità-prezzo e un margine sano per chi lo vende. Dal punto di vista comunicativo, stiamo lavorando per creare una community, un rapporto diretto con chi sceglie Richmond. Oggi più che mai il consumatore vuole sentirsi al centro. Le aziende devono essere resilienti, attente, concrete. La moda, per come l’abbiamo conosciuta, ha attraversato una sorta di bolla speculativa, un po’ come quella della Lehman Brothers nel mondo della finanza. Troppi eccessi, troppi manager distanti dalla realtà, troppa gente seduta alla scrivania. Ora serve tornare in strada, lavorare sul campo, riscoprire la sostanza.
Un consiglio per chi vuole affrontare oggi il mondo del lavoro nella moda? Serve passione, sacrificio, multitasking. Non si può più pensare di avere un ruolo fisso e limitato. Bisogna essere veloci, curiosi, pronti a fare di tutto. Questo è un momento che, se affrontato con la giusta mentalità, può riportare autenticità nel sistema. È l’occasione giusta per ridefinire le regole del gioco.