Quando si parla di alta moda, o meglio haute couture, vengono subito in mente le scintillanti luci della Torre Eiffel. È Parigi, capitale francese, la città destinata alle sfilate dell’alta moda da tempo immemore. Nessuno ha mai tentato di sfidarla, o quasi. C’è stato un tempo in cui un’altra città voleva accaparrarsi il titolo di capitale dell’alta moda e questa città era Roma.

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La nascita dell’alta moda romana

L’Italia è appena uscita dalla seconda guerra mondiale, sono gli anni ’50 del boom economico quando l’economia del Belpaese riparte a gonfie vele. Roma è una città in continuo fermento, nella capitale c’è un via vai di dive del cinema americano accorse in Italia per girare famosissime pellicole. La capitale viene ribattezzata “la Hollywood sul Tevere”, termine coniato dalla rivista Time durante le registrazioni di “Quo Vadis”. I registi americani scelgono la città eterna e gli studi di Cinecittà appena riaperti come sfondo per i loro film sfruttando eccellenti maestranze a basso costo. Così in una Roma che diventa il centro del jet set nasce il sistema dell’alta moda.

L’Italia, con le sue attrici, si fa promotrice di un nuovo modello di femminilità. A dettare legge sono Sophia Loren, Gina Lollobrigida e Silvana Mangano. Le grandi attrici del cinema italiano che diventano d’ispirazione anche oltreoceano. Il loro corpo morbido e rassicurante, il loro carisma che buca lo schermo rende Roma il place to be del dopoguerra e la moda si adegua. Le sartorie romane vestono le attrici sul set e non solo. Diventano il punto di riferimento per l’eleganza mondiale e il sogno di tutti gli appassionati.

Nel film “Le ragazze di piazza di Spagna” di Luciano Emmer del 1952 è ben visibile il fermento di una Roma che, da città “provinciale”, si sta trasformando nella capitale dell’eleganza mondiale. Le cronache del tempo parlano di “Guerra alla Senna”. Per definire come la città eterna stesse provando a sottrate il titolo di capitale della moda a Parigi ribellandosi alla “dittatura” francese.

Guerra alla Senna: le sartorie romane

Sono tantissime le sartorie che hanno fatto grande la storia di Roma. Tra tutte spicca il nome delle Sorelle Fontana, le tre sorelle della provincia di Parma che hanno rappresentato l’Italia alla Casa Bianca nel 1953. Il loro atelier fa da sfondo al film “Le ragazze di piazza di Spagna” di cui abbiamo parlato prima. Zoe, Micol e Giovanna sono le ambasciatrici della moda romana nel mondo. Arriveranno al successo grazie ad un matrimonio: quello tra Tyrone Power e Linda Christian che sceglie un abito Fontana per le nozze. Il vestito in raso bianco finisce su tutte le pagine dei giornali e la notorietà della sartoria schizza alle stelle.

L’atelier fontana è frequentato da tutto il jet set dell’epoca. Da Marella Agnelli a Jacqueline Kennedy, da Audrey Hepburn (che ogni tanto tradisce il suo amato Givenchy) a Liz Taylor. Tutti sono stregati dalla loro moda romantica, vezzosa e femminile capace di stupire. Nel 1956 creeranno scandalo realizzando il Pretino per Ava Gardner. Abito a tubo nero che ricorda la talare dei sacerdoti, rivisitato da Piero Gherardi per Anita Ekberg in “La Dolce Vita” di Federico Fellini.

E parlando dei costumi di Fellini non si può non citare Fernanda Gattinoni. La couturier romana che ha realizzato la famosa sirena in velluto nero indossata dalla Ekberg mentre balla con Mastroianni nella Fontana di Trevi. Sobria ed elegante la Gattinoni è il volto aristocratico dell’alta moda romana. Il suo ex impiego nella sartoria Ventura, fornitrice di Casa Savoia, l’ha educata al bello. Si ispira all’antica Roma, ama i drappeggi e veste le donne con abiti unici: non ripete mai un modello. Tra le sue clienti più affezionate ci sono Ingrid Berman e Anna Magnani.

E se la Gattinoni cerca di vestire con sobrietà si occupa di sfarzo Emilio Shubert. Lo stilista divo della Roma anni ’50. Solito a farsi fotografare insieme alle sue modelle con immancabili unghie laccate, fondotinta e numerosi gioielli. Un vero e proprio artista che ama gli accostamenti azzardati e i nomi stravaganti. I suoi modelli sono battezzati “Shubert ha sognato Chopin”, “Estate al polo” o ancora “La nonna aveva ragione”. Sulle pagine di “Novità”, nel 1957, la moda firmata da Emilio viene così descritta: “La collezione di Shubert è l’enciclopedia di tutto quanto le donne amano portare”.

E questi solo alcuni dei nomi dell’alta moda romana. All’appello mancano ancora Biki, Simonetta Fabiani, Germana Muracelli, Iole Veneziani e tanti altri ancora.

Roma perde la guerra alla Senna

Sono anni di grande fermenti quelli della Roma dell’alta moda che però rimangono un dolce ricordo del passato. L’alta moda romane era un sistema lento fatto di un’artigianalità preziosa che, però, nel tempo non ha retto. Negli anni ’60 le sartorie romane cercano di soddisfare le richieste die compratori lanciando le linee di pret-a-porter, al tempo chiamate “boutique”. Ma i consumatori chiedono sempre maggiore velocità, caratteristica a cui l’alta moda romana non può rispondere. Così il made in Italy si sposta progressivamente a Milano che diventa ben presto la culla del ready to wear all’italiana.

In un programma andato in onda sulla Rai l’8 dicembre del 1961 Zoe fontana spiega i problemi dell’alta moda romana di allora. In primis è mancato il supporto da parte dello stato e la coalizione tra i sarti. Impegnati ognuno per i propri interessi e mai uniti per la costruzione di un vero e proprio sistema internazionale.

Secondo la Fontana anche la stampa specializzata italiana ha poco supportato lo sviluppo del sistema favorendo maggiormente la diffusione dei modelli francesi. Ed infine la stessa clientela pare non abbia mai accolto di buon grado i couturier italiani. Si parla di un certo snobismo da parte dell’alta società che preferisce ancora servirsi dell’alta moda parigina piuttosto che scommettere sull’abbigliamento italiano.

Il rapporto tra Roma e la moda oggi

Ancora oggi Roma rimane un luogo alle periferia della moda. Una meta di pellegrinaggio e di villeggiatura dedicata alla presentazione di qualche Cruise oppure a qualche mostra di ricerca. La moda, in Italia, è diventata completamente “Milanocentrica”. Almeno per quanto riguarda il suo lato più glamour e patinato. Mentre la produzione rimane ancora sparsa su tutta la penisola. I tentativi di rilanciare la moda romana sono tanti, ma quasi tutti vani. Forse dobbiamo rassegnarci a mantenere quello della Roma alla moda come un ricordo lontano. Ma la storia è sempre in grado di stupire. Chi può dire che la città eterna non tornerà a dettare legge in fatto di Moda? Ai posteri l’ardua sentenza.