Da ieri in libreria, Il Caso Kellan è l’ultimo romanzo del giornalista e scrittore Franco Vanni. Su Fashion Times, ci parla della sua Milano “per bene”, tra salotti alla moda e inchieste blindate.
Tra le novità in libreria uscite questa settimana, quella di Franco Vanni, Il Caso Kellan, per Baldini + Castoldi, è uno di quei romanzi da tenere sott’occhio. Prima di tutto perché si tratta di un giallo ben scritto e ben orchestrato, ma anche perché parla della nostra città, Milano, dei suoi salotti bene ed alla moda, della sua aura di perfezione che, invece, cela un lato oscuro che è difficile narrare e descrivere.
Questa settimana Fashion Times è con Franco Vanni, alla scoperta del lato oscuro della Milano bene.
Il caso Kellan è un giallo ben scritto e ben orchestrato e parla della nostra città, Milano.
Franco Vanni, cronista giudiziario a “la Repubblica”, in questi giorni sei in libreria con il tuo ultimo romanzo, Il Caso Kellan, edito da Baldini + Castoldi. Protagonista, il giornalista Steno Molteni e la sua Maserati Ghibli del ’70. Il tuo giallo parla della nostra città, Milano, e sembra metterne in luce gli angoli più bui, quelli che intuiamo ma che, in realtà, non si conoscono davvero. Ma qual è, veramente, la Milano di Steno Molteni? Come tutti i cronisti, sono attratto dagli aspetti meno visibili dei luoghi e delle vicende. Fra le ambizioni di un giornalista c’è sempre quella di raccontare ai lettori gli aspetti che la realtà nasconde. Poi, come in tutti i mestieri, l’obiettivo a volte lo si raggiunge e molto spesso no: si ha poco tempo, non si è abbastanza pazienti o bravi per approfondire davvero le questioni, ci si occupa a lungo dello stesso argomento (nel mio caso, la cronaca giudiziaria) e si passano le giornate nello stesso posto (nel mio caso, il tribunale di Milano). Per Steno Molteni è diverso. Ha la fortuna di essere un personaggio di fantasia, quindi non ha i problemi e gli impedimenti che ho io. Le sue giornate sono perfette, essendo frutto d’invenzione. Quindi, ha il tempo e l’abilità che a me mancano. Cerca, indaga, si perde nei meandri della città, sbaglia, illumina gli angoli bui di Milano e della sua anima. E infine mostra ai suoi lettori quello che è riuscito a mettere in luce.
Al centro de Il Caso Kellan c’è un omicidio, quello di un giovane benestante. C’è l’ambiente gay di una città come la nostra, c’è anche una banda omofoba e poi ci sono i salotti bene, i non detti e le apparenza da salvare. Ma il tuo è soprattutto un giallo che sembra rispettare la struttura del giallo classico. Quali sono gli ingredienti principali de Il caso Kellan? “Il caso Kellan”, come dici giustamente, è un giallo classico, con il morto all’inizio e l’assassino che si scopre alla fine. E in un giallo tutto è asservito al meccanismo della trama: la città, i personaggi, i dialoghi. Niente deve disturbare lo svolgimento logico dei fatti e il dispiegarsi dell’indagine. Partendo da questo presupposto, ho cercato però di dare respiro a tutti gli elementi del libro, di permettere ai personaggi di raccontarsi e di descrivere il loro ambiente. Quanto alle aggressioni omofobiche, me ne sono spesso occupato per lavoro, rimanendo ogni volta stupito dell’idiozia dei violenti e della tendenza da parte delle vittime a non denunciare. Trovo che l’omofobia nel 2018 sia anacronistica, e che in ogni epoca sia inaccettabile. Il mio non è un “romanzo sociale”, ma spero riesca in qualche modo a passare questo messaggio.
Trovo che l’omofobia nel 2018 sia anacronistica, e che in ogni epoca sia inaccettabile
Ci sono due curiosità che ci vogliamo togliere: perché la scelta di descrivere una Milano innevata quando, bene o male, la neve – quella vera – non la vediamo da un bel po’. E perché il protagonista Steno Molteni guida proprio una Maserati Ghibli del ’70! La scelta del paesaggio innevato mi sembrava suggestiva e al tempo stesso funzionale alla storia. Suggestiva, perché le città innevate sono bellissime, e Milano non fa eccezione. Funzionale, perché la neve copre il sangue senza lavarlo via, nasconde i delitti solo temporaneamente, e congela le prove. Quanto alla Maserati Ghibli del 1970, penso sia uno dei più begli oggetti mai progettati e prodotti. Un gioiello del design italiano. E lo dico da vecchio studente di Design all’università. Nel romanzo ho cercato di circondare Steno di cose belle e se possibile italiane: vive in una stanza d’albergo allestita con armadi su misura fatti in Brianza, ascolta la musica di Paolo Conte e … guida la vecchia Ghibli!
Guardando la carta d’identità di Steno Molteni, non ti aspetteresti il personaggio carismatico, interessante e affascinante che invece impariamo a conoscere ne Il caso Kellan. Pensi che tornerà in un tuo prossimo romanzo, o non ci delizierai più con la sua compagnia? Ahia, non ne ho idea. Quando ho scritto il mio primo romanzo (“Il Clima ideale”, Laurana, 2015 Ndr) pensavo che avrei fatto un secondo libro con lo stesso protagonista, il lobbista Michele Intini, a cui ero e sono molto affezionato. Invece, quando ho immaginato la nuova storia, l’ho pensata subito con un protagonista nuovo e diverso. Inizialmente – per la nostalgia che avevo di Michele e per una sorta di senso di colpa nei suoi confronti – gli avevo trovato una “particina” anche nel romanzo nuovo. Alla fine, su consiglio unanime di tre amici che avevano letto il libro, l’ho fatto sparire. Non è stata una scelta indolore, ma la rifarei. Ogni personaggio ha la sua casa, e quella di Michele non era “Il caso Kellan”. Per il futuro, non so … potrei fare un nuovo libro con protagonista Michele, o con Steno. Con entrambi o nessuno dei due. Vedremo!
Come tutti i cronisti, sono attratto dagli aspetti meno visibili dei luoghi e delle vicende