Molti lo definiscono il Facebook dei ciclisti ed effettivamente è un social, ma per chi lo accende ad ogni colpo di pedale è anche qualcosa di più.
È un diario personale? Un trainer? Uno specchio per accaniti narcisisti? Un aggregatore per ciclisti in cerca delle anime gemelle con cui macinare insieme chilometri? Forse tutte queste cose insieme… Strava nasce infatti con tante diverse anime.
Una è calcolatrice e infallibilmente (a parte quando si scarica l’iPhone) registra ogni metro e implacabilmente ti mette di fronte alla realtà del tuo talento o del tuo allenamento. Poi ne ha una social, appunto, che collega vite ciclistiche lontane. Così, dal disegno di un percorso su una geografia ignota e da qualche immagine evocativa di vita reale ha la capacità di farti immaginare l’altro mondo, in Giappone o in Messico o in Libano, dove due gambe come le tue girano sui pedali per superare fatiche ed esaudire sogni. Gli stessi che hai tu.
E non può mancare lo Strava che tira fuori il lato oscuro della forza, quello che ti fa andare a mille ignorando i semafori per strappare quella corona, il KOM o il QOM per le donne (King o Queen of the mountain) che qualcuno ti ha appena strappato con la violenza di pochi secondi di sprint.
Più di un amico (ed io pure) ha pubblicato orgogliosamente su Facebook il proprio anno su Strava. C’è chi, come Paola, ha percorso la bellezza di 22.000 km, su e giù per montagne e colline. Una cosa strepitosa, come forse neppure un pro, uomo, riesce a fare. E c’è chi, come me, pur avendone fatti solo 6.000, si sente una grande scalatrice per aver guadagnato la consapevolezza di aver percorso in altezza qualcosa come 6 volte l’Everest.
Ma può esistere quindi un modo corretto per evitare di cadere nella trappola e non diventare schiavi di Strava?
E soprattutto quali sono i comportamenti che si possono oggettivamente classificare come un po’ malati nell’approccio del social dall’accattivante icona arancione?
Ecco, nel bene e nel male, la mia personale classifica delle piccole/grandi Stra…nezze e Stra…vaganze che abitualmente compiono gli Strava-addicted.
1. Accendere Strava sempre. Devi fare due giri di pedale per comprare il pane dal fornaio sotto casa? Benissimo, Strava registrerà la tua performance e poi… tutto fa brodway, a fine anno magari raggiungerai una cifra tonda in km. Che so… 10.000 anziché 9.999. Che sembrerebbe il titolo di una serie spaziale vintage o soltanto un prezzo furbo.
2. Vivere per un segmento. È una bella sorpresa per un neofita scoprire che in pratica tutto il mondo conosciuto si divide in segmenti da percorrere alla tua massima velocità. Così il perfetto Stravista risparmia il fiato per quei pochi secondi che in pochi metri potranno incoronarlo re o regina. Il mio regno per un KOM!
3. La foto ricordo. Ne esistono di tre tipi. La prima è senz’altro il selfie: perché stampare la propria faccia sul cartello stradale è la miglior prova per gli amici, anche se Strava registra ogni cm percorso. Sei stato lì, è vero e lampante. Poi c’é la foto del pranzo: ecco che le fatiche vengono ripagate da un trionfo di carboidrati o di sushi, a seconda delle latitudini. Infine, per i più romantici, la panoramica. Ma rigorosamente con la propria “bella” in primo piano perché senza di lei neppure il Golfo di Napoli avrebbe senso.
4. Il titolo del giro. Meglio di Twitter consente sempre di ottenere la disarmante sintesi. C’é chi punta all’ironia “Pancia piena e gambe vuote”, chi snocciola emoji con la stessa eloquenza di un adolescente, chi non si arrende ad eventuali buchi nella registrazione “manca un pezzo, 91.5km V. Media 24.7km/h, 3:42h” e chi, magari con 190km nelle gambe non cambia il nome alla registrazione automatica ed esce con un modestissimo nonché anonimo “giro mattutino”. Poche parole e più gambe!
5. Kudos come se piovessero. I like su Strava si chiamano Kudos e ne arrivano sempre a massicce dosi, come se fossero un (innoquo) doping virtuale. Lo Stravista doc è prodigo di quelle bonarie pacche sulle spalle che tanto fanno bene anche se la performance non è stata delle più esaltanti. Saranno i Kudos con la loro deliziosa vocina a spronarti mentre sudi sul Lissolo o ti lanci in velocità giù dal Ghisallo.
6. Le sfide impossibili. Quanto riuscirai a pedalare in un mese? Quanti metri scalerai? Nel mondo sono migliaia gli Stravisti e quindi nella classifica generale ci si dovrà accontentare della 50.161esima posizione su 129.541 iscritti, ma è bello allora confrontarsi con gli amici che segui. Ecco che questo mese ci sono solo 14 gradi di separazione tra me e Omar di Felice! Not bad…
Il bello è che su Strava puoi anche imbatterti in super-pro come Romain Bardet o Michal Kwiatkowski e immaginare quanto devono essere sfigati quelli che corrono nella loro zona di allenamento. Dire addio per sempre ad un KOM non è bello. Ma è bello invece il mondo di Strava, che per primo ti invita ad essere sincero, a pubblicare le tue smorfie di dolore quando affronti la tua miglior salita, possibilmente quando sei arrivato in cima e ogni ruga della tua faccia esprime ciò che senti nelle gambe e nei polmoni.
No, non bisogna proprio dare retta agli snob che accampano mille scuse pur di sfuggire all’occhio, senz’altro più discreto di Facebook, di Strava. Usarlo è utile e divertente. Aiuta a conoscere meglio i propri limiti e stimola a raggiungere nuovi traguardi. E poco importa se, come i compagni di Ulisse, faremo tutti parte del gregge di Circe. Nell’era dello sharing che riguarda anche i beni immateriali, la felicità, se condivisa, è il miglior carburante del ciclista.
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